Progettazione meccanica

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Anche se non ci pensiamo spesso, l’ergonomia è rilevante in tutti gli ambiti. Non parliamo solo di ergonomia nella progettazione alla base di grandi industrie, ma anche nella vita di tutti i giorni: è una materia che si inserisce trasversalmente in ogni campo della nostra vita, dallo spazzolino da denti al volante di una magnifica Ferrari.

Tutti i sistemi coinvolti nell’ergonomia sono condizionati da fattori che hanno un impatto sulla salute e sul benessere degli individui che li compongono e che influenzano la capacità dell’individuo di interagire con l’ambiente, migliorando o peggiorando le prestazioni del sistema uomo-macchina. 

Per questo motivo, l’ergonomia è definita come una scienza applicata interdisciplinare che si occupa dell’interazione tra gli esseri umani e il loro ambiente.

L’ergonomia: la legge che regola il lavoro

Il termine deriva dalle parole greche ergon, che significa lavoro, e nomos, legge.

Il primo che utilizzò questo termine fu lo studioso polacco Wojciech Jastrzębowski – so che anche tu hai fatto finta di leggere questo nome difficilissimo – nel 1857, in un giornale polacco. Il termine è stato ripreso nel 1949 da Murrell, che lo utilizzò per descrivere le linee guida nel design di prodotti, servizi o ambienti rispondenti alle necessità dell’utente.

Tuttavia, è solo nei primi anni del Novecento che si cominciano ad applicare in modo sistematico i concetti di Ergonomia e del Fattore Umano nella progettazione dell’ambiente costruito. In particolare, soprattutto nel settore dell’aviazione. Si comincia a studiare l’errore umano come un fattore determinante della prestazione umana nell’ambiente di lavoro

Prima degli anni 40, infatti, nella progettazione degli aerei il fattore umano era stato considerato troppo spesso come una costante più o meno statica. Introducendo il concetto di “uomo funzionale” si cominciano ad apprezzare le varie differenze tra un essere umano e un altro: ogni peculiarità potrebbe influenzare il risultato finale dell’attività.

Attenzione: oggi, purtroppo, non sempre l’etichetta “ergonomico” associata ad un prodotto corrisponde ad una reale qualità. Quindi dobbiamo fare attenzione che sia certificato!

Ergonomia nella progettazione: più che comodità ed estetica, si parla di sicurezza

Per far in modo che tutti gli elementi coinvolti convivano – quindi uomo, macchina e ambiente – bisogna fare in modo che, per ogni minima attività, ci sia uno studio molto approfondito.

Non è solo una questione di maneggevolezza ma soprattutto di sicurezza.


Pensa alla maniglia di una porta: se questa non fosse realizzata con una forma/distanza adeguata per l’inserimento della mano, questa oltre a non essere funzionale può essere poco sicura. A noi come progettisti – e non designer – interessa molto di più la parte della sicurezza rispetto a quella dell’estetica.

Immagina nell’automazione una macchina che abbia una portina di ispezione e che abbia un pomello per l’apertura sproporzionato, sia esso troppo piccolo o grande: non sarà mai agevole per l’operatore e per il suo utilizzo.

L’ergonomia deve tenere sempre conto dell’utilizzo, ad esempio una manopola a lobi può essere usata per aprire una portina, ma non per comandare una vite senza fine o una vite trapezia. In questo caso è più idonea una manovella.

L’ergonomia fisica nel lavoro: di cosa si occupa?

L’Ergonomia fisica si occupa dell’interazione tra l’essere umano e le sollecitazioni che provengono dall’ambiente in cui svolge delle attività, sia esso un ambiente naturale o costruito.

Sul posto di lavoro l’ergonomia si occupa della progettazione di strumenti, spazi, processi produttivi, secondo le capacità specifiche di ciascun lavoratore. In questo senso, l’ergonomia cerca di ottimizzare l’interazione tra uomo, macchina e ambiente:

  • intervenendo sull’organizzazione
  • tenendo conto di processi e gli spazi
  • migliorando il sistema posturale
  • riducendo di conseguenza le condizioni di stress psico-fisico

Tutte quelle indicazioni che durante i corsi sulla sicurezza ascolti distrattamente, potrebbero aiutarti a vivere “più serenamente” il tuo posto di lavoro: aggiustare l’altezza dello schermo, regolare l’inclinazione della sedia, avere un’illuminazione adeguata, prestare attenzione alla presenza di suoni troppo forti… tutti piccoli gesti che aiutano l’ergonomia, e di conseguenza, anche il benessere di ciascun lavoratore.

In molti casi, il lavoratore sottopone il suo corpo a sforzi apparentemente poco rilevanti. Sollevare, abbassare, trainare, spingere, trasportare, oppure compiere movimenti ripetuti. A lungo andare possono determinare un Sovraccarico Biomeccanico.

L’inosservanza di principi ergonomici, inclusi quelli relativi all’ergonomia cognitiva, può avere importanti conseguenze sul piano della sicurezza e della prevenzione del rischio negli ambienti di lavoro.

Ergonomia cognitiva: si parla di percezione

Una branca dell’ergonomia tradizionale è l’ergonomia cognitiva: questa fascia studia l’interazione tra uomo e macchina, sfruttando però tutti i processi cognitivi utilizzati:

  • percezioni
  • emozioni
  • attenzione
  • memoria
  • linguaggio

Nel nostro campo questa fascia è molto importante perché il rispetto dell’ergonomia cognitiva significa sicurezza su tutti i fronti.

I macchinari e le macchine, oltre che funzionanti, devono essere semplici ed intuitivi.

Un esempio “classico” è il pulsante di emergenza rosso. Rosso, grande e ben visibile: tutti devono sapere, anche chi non è esperto, che in una situazione di pericolo lo si deve premere per arrestare il funzionamento. E su questo, non ci devono essere dubbi.

Pensiamo ai colori. Il colore delle varie parti di una macchina automatica ha un valore ben preciso. Mentre nelle parti fisse ci si può sbizzarrire, magari con toni maggiormente delicati, le parti in movimento devono avere un colore acceso – come giallo o arancione – in modo da essere molto evidenti e destare attenzione.

A volte, sono evidenziati anche grazie all’utilizzo di strisce nere per rendere ancora più chiaro il pericolo. Quando si parla di ergonomia, quindi, non si tratta solo di forme, pesi ed inclinazioni, ma anche e soprattutto di percezione.

L’ergonomia passa per il digitale

Una volta si verificava al massimo che l’altezza del piano su cui doveva lavorare l’operatore fosse decente. E per chi, come me, è sul campo da molti anni, sa bene di che cosa sto parlando.

Ora è sempre più importante portare attenzione agli aspetti collaterali del lavoro, l’ambiente inteso in tutte le sue forme: illuminazione, aerazione, temperatura, spazi circostanti, altezze di lavoro, rotazioni e “chinamenti” delle varie parti del corpo, massimo peso sollevabile e così via.

Una volta si doveva costruire per forza un prototipo fisico che simulasse posizioni, altezze, geometrie… e si faceva una prova sul campo, con un aumento di tempi e costi non indifferente. Adesso questo può avvenire anche in maniera digitale attraverso strumenti come la realtà virtuale.

Anche l’ergonomia deve essere inclusiva: il design for all

Si tratta di un approccio relativamente nuovo alla progettazione, alla realizzazione e allo sviluppo di prodotti, beni, servizi e dell’ambiente costruito. La necessità è quella di “non escludere”, implementando soluzioni che rappresentino più accuratamente la diversità umana, al fine di rispondere alla più ampia gamma di capacità, potenzialità, bisogni e preferenze degli individui.

Negli ultimi tempi, abbiamo assistito a dinamiche che hanno sempre più associato le richieste sociali a vantaggio di posizionamento sul mercato. In questo senso, l’evoluzione nel tempo di sistemi come design inclusivo e senza barriere è passata da un concetto di accessibilità prevalentemente motorio, inteso come abbattimento delle “barriere architettoniche”, ad uno che pone l’attenzione anche sulle capacità sensoriali e cognitive dell’individuo.

Così ci si rivolge anche a prodotti, beni e servizi che si sono affiancati a luoghi e ambienti costruiti. A riprova di ciò, è sorto recentemente anche il tema dell’accessibilità culturale, in riferimento a persone che sempre più spesso provengono da culture diverse, e per le quali sono richiesti un linguaggio di facile lettura e diversi modelli di proposta didattica, informativa e sensoriale.

Il nostro studio di progettazione meccanica

offre molti servizi utili per le aziende

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Sono Socio e General Manager di Kreacta, un brand di 10 i cube srl. Ho svolto in più occasioni il ruolo progettista meccanico e responsabile di prodotto in importanti aziende nel settore delle macchine utensili e della Ricerca Scientifica. Opero da oltre trent’anni nella progettazione meccanica e nella consulenza industriale, con esperienze anche nei settori di sviluppo del software, piattaforme web, realtà virtuale ed aumentata e sistemi interattivi.

Paolo Dal Fabbro